Istinto di Pier Angelo Remelli
Istinto di Pier Angelo Remelli

Istinto di Pier Angelo Remelli

Istinto
di Pier Angelo Remelli- 1 parte
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Apro gli occhi con un’immensa fatica e mi stiracchio a lungo.

Certamente si può dire che io non abbia il sonno leggero, anche se molte volte Papà si lamenta della mia iperattività. “Hai il fuoco addosso” mi dice.

Mi guardo attorno, come se Casa fosse un luogo ancora da scoprire e da comprendere appieno. Viviamo in un piccolo appartamento, Papà e io. Adoro ogni singolo centimetro quadrato di questo posto, data la graziosa intimità di ogni suo centimetro: dalla cucina in cui mi capita di rubare qualche biscotto fresco, al salotto, che mi piace pensare essere l mio Regno e in cui posso dormire e curiosare in tutta calma. All’odiato bagno, dove, durante la giocosa e spensierata infanzia, venivo costretta da Papà a fare dei tormentati bagni. E infine, la calda camera da letto, dove mi trovo in questo momento.

Mi alzo, ancora leggermente assonnata, sbadiglio e lentamente mi avvio verso la cucina, dove trovo Papà vestito di tutto punto e intento a preparare un’ottima colazione.

Gli vado incontro per il solito saluto mattutino e lo guardo con immenso affetto. Gli voglio bene, ancora di più quando so di stare per mangiare insieme a lui. Adoro quando mangiamo negli stessi momenti. Lo sento più vicino a me, mi sento più vicina a lui. Come se quel divario naturale tra noi non esista del tutto.

«Ma buongiorno, dormigliona! Hai dormito bene?» mi chiede, accarezzandomi sulla testa.

Io gli rispondo di sì, come al solito d’altronde, ma dubito che lui mi abbia sentito, perché mi volge le spalle per prendere qualcosa dallo scaffale della dispensa.

Quell’uomo, sebbene gli voglia bene con tutta l’anima, è sempre stato un mistero per me, così assorto nei suoi pensieri e nei suoi sogni.

Mi siedo e comincio a mangiare lentamente, mentre guardo Papà spiegarmi i piani di oggi. Lo osservo e mi accorgo di come sembri più stanco del solito. Lui ormai un uomo di mezza età, continua a parlare, guardandomi con quegli occhi penetranti di un verde intenso. Si passa una mano sulla barba bianca e poi mi sorride. Come già detto, lui vive solo con me, e per questo motivo posso ritenermi l’unica che potrebbe trovare normali le sue stranezze.

«Bene, cucciola, oggi ho programmato una giornata speciale solo per noi due. Che ne dici se andiamo al bosco? Passeremo un po’ di tempo in mezzo alla natura. Sai, ci vuole proprio in questi tempi…»

Papà continua a parlare, ma ormai non ascolto più le sue parole. Sono totalmente assorta nell’osservare un particolare sgradito comparso in un angolino della stanza.

Un piccolo topo, dal pelo grigio e dal muso appuntito, avanza con naturalezza, quasi non si fosse accorto della presenza di Papà.

Né della mia.

La vista di quel topolino, che si fa strada dentro casa mia alla ricerca del pasto della giornata, risveglia in me un’attenzione curiosa, ma allo stesso tempo anche un leggero disgusto. Smetto subito di mangiare, per poi alzarmi lentamente dalla sedia in cui avevo preso posto per mangiare assieme a Papà. Mi muovo lentamente verso il topolino ignaro, attenta a non spaventare la bestiola che annusa l’aria e muove quegli odiosi baffetti.

«Non ci provare nemmeno! Lo porto io fuori da qui.» esclama Papà, accortosi nell’oggetto della mia attenzione.

«Ma Papà! Lo voglio fare io per una volta. Sono molto più veloce di te!» mi lamento, guardandolo con disappunto.

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