Il segreto della capsula del tempo di Rita Serra - 2 parte Racconto in esclusiva per blog.remelli.eu
Torino, scuola media G. Leopardi, Dicembre 2011
Essere un tredicenne non è facile. Alle dieci in punto del dodici Dicembre avevo partecipato alla cerimonia della riesumazione della Capsula del Tempo e i professori ci avevano divisi in gruppi di tre persone. Per fortuna la professoressa Barbero, che era sempre stata buona con me, mi aveva messo nello stesso gruppo con i miei amici Roberto ed Annalisa. Ed era una fortuna bella e buona, dal momento che loro due erano i miei unici amici!
Quando la cassetta in metallo venne diseppellita dall’inquietante signor Gambarella, che Roberto aveva soprannominato Gargamella perché era quasi calvo e con due grosse e cespugliose sopracciglia, e infine aperta, a me e ai miei due amici venne assegnato uno dei libri che vi erano stati custoditi.
«Kameraden. Di Sven Hassel. Che schifezza», osservai, mentre rigiravo tra le dita quel volumetto tascabile con la copertina completamente ingiallita dal tempo e consunta. «Sembra rosicchiato dai topi!»
«Che oggetto avete avuto, sfigati?», chiese Stefano. «Sven Hassel. Mai sentito nominare. E quel titolo impronunciabile? Sarà una schifezza, come voi tre! Noi tre invece abbiamo avuto uno dei libri di avventura di Giulio Verne. E io li ho già letti tutti tre volte, quindi non mi costerà nessuna fatica fare il riassunto per la professoressa Barbero, beccarci il voto più alto e diciamo arricchire le mie tasche per il lavoro svolto a nome degli altri due».
«Vattene via!» dissi, furioso.
«Altrimenti, che fai, Giulio? Mi picchi?» mi chiese Stefano, con aria di sfida. In quel momento la campanella suonò la fine della ricreazione e tornammo tutti in classe.
«Mi aspetto il riassunto dei libri della Capsula del Tempo entro giovedì prossimo, correlato ovviamente da un commento di ciascuno di voi sulla storia che leggerete. Dovrete dirmi cosa avete appreso dal libro.» La professoressa Barbero era stata chiara. Io, Roberto, Annalisa ci guardammo. Nessuno di noi aveva molta voglia di leggere un libro rosicchiato dai topi.
All’uscita di scuola, Annalisa ci propose di riunirci da lei per leggere il libro ad alta voce e ottimizzare i tempi e anche la voglia. Magari, se lo avessimo letto a turno ci sarebbe risultato più piacevole.
«Ciao mamma!» salutai una volta rientrato a casa. Tutta la mia famiglia si aspettava che io prendessi buoni voti a scuola, dal momento che i miei due fratelli più grandi, Carlo e Antonio, che ora avevano rispettivamente sedici e ventuno anni, erano sempre andati in modo superlativo nelle diverse materie. Mio padre lavorava alla Fiat e mia madre alle poste e tutte le volte che c’era un compito in classe o una interrogazione, loro pretendevano il massimo impegno, che doveva tradursi in un bel voto secondo loro.
«Ciao Giulio, com’è andata a scuola?» chiese la mamma, sollevando i suoi limpidi occhi azzurri su di me. Io, invece avevo preso gli occhi scuri da mio padre, ma i capelli erano biondi come quelli della mamma.
«Bene…», risposi. Non avevo una granché voglia di raccontare dell’orrendo libro che ci era toccato in sorte, ma dovevo dare una minima risposta a mia madre o lei mi avrebbe fatto il terzo grado per l’intera durata del pranzo. «Nella Capsula del Tempo c’erano solo dei libri. Io, Roberto ed Annalisa abbiamo un libro di guerra. Non sembra interessante, ma dobbiamo leggerlo e riassumerlo per giovedì prossimo…Papà non pranza con noi? Non aveva giorno libero oggi?» chiesi, sperando che mia madre non mi facesse le solite raccomandazioni su quanto fosse importante ottenere buoni voti a scuola in vista del mio futuro personale. Avendo tredici anni, mi interessava solo tenermi alla larga dai modi da bullo del mio compagno Stefano e del suo gruppetto di gregari. E giocare alla playstation. E leggere fumetti di supereroi. E basta.
«Papà aveva un incontro con un cliente oggi. Pare ci sia in ballo una grossa vendita.»
«Bene», dissi inforcando una polpetta e mangiando di gusto. Adoravo le polpette al sugo. «Comunque, alle tre e mezzo devo essere a casa di Annalisa per cominciare la lettura del libro. Ci vediamo direttamente a cena. Roberto viene a chiamarmi e andiamo da Anna insieme.»
«Va bene, tesoro», disse la mamma.
Io e Roberto parcheggiammo le nostre biciclette nel giardino della casa di Annalisa. Quando la sua mamma aprì la porta e ci lasciò entrare in casa, la nonna della nostra amica era seduta in una grande poltrona e stava sferruzzando a maglia. Era una gentile vecchina di ottantanove anni ed aveva sempre un sorriso per me e Roberto. Annalisa la adorava ed era fiera di assomigliarle. Come la nonna, lei aveva la pelle chiara, gli occhi azzurri e i capelli mossi. Solo che quelli di Anna erano ancora castani, mentre quelli di sua nonna, ormai erano candidi e soffici. Mi ero sbellicato dalle risate, quando un giorno Roberto non aveva resistito e aveva allungato la mano per vedere se i capelli della nonna erano soffici come il cotone, come pensava. La nonna dormiva e si era svegliata cacciando un urlo e Roberto era finito per terra dallo spavento. Io e Annalisa non riuscivamo a smettere di ridere e ogni tanto lei se lo ricordava.
«Ciao Giulio, ciao Roberto!» ci salutò Annalisa, entrando nel salone. Si era cambiata dal rientro a scuola. Ora indossava un paio di leggins neri e un vestito di colore blu che la rendeva ancora più carina. In mano aveva il libro che dovevamo leggere. «Andiamo in cameretta, così non disturbiamo la nonna».