Il segreto della capsula del tempo di Rita Serra – 5 parte
Il segreto della capsula del tempo di Rita Serra – 5 parte

Il segreto della capsula del tempo di Rita Serra – 5 parte

Il segreto della capsula del tempo
di Rita Serra - 5 parte
Racconto in esclusiva per blog.remelli.eu

Quarta parte

«Ma ce la fai a stare sveglia stamattina?» le chiesi sottovoce. Lei annuì e poi, alla fine delle lezioni, ci chiese di passare a casa sua nel pomeriggio come avevamo concordato il giorno precedente.

Giunti a casa di Annalisa, fu il padre ad aprirci la porta. Era un uomo alto, con capelli neri e occhi scuri. Portava gli occhiali e aveva l’aria di un avvocato perché indossava un completo grigio con cravatta abbinata e lucenti scarpe scure. Però sapevamo da Annalisa che non faceva l’avvocato, ma il filologo e studiava latino. Un professore insomma.

«Prego, entrate pure, ragazzi. Annalisa arriva subito.» Disse e ci fece accomodare in salone, dove trovammo l’immancabile nonna che sferruzzava a maglia e una enorme valigia in cui sicuramente mi sarei potuto nascondere dentro piegato sulle ginocchia. «Oh, scusate la valigia. Sono appena rientrato da un convegno a Londra e non ho ancora disfatto i miei bagagli.»

«Cos’è un convegno?» chiese Roberto, guardando il padre di Annalisa.

«Un convegno è una riunione di tante persone per parlare di un argomento di interesse comune. Nel mio caso, si trattava di un convegno sulle ultime scoperte in uno dei codici della Biblioteca Ambrosiana.»

Roberto aveva assunto l’aria di chi ha capito metà del discorso, mentre io mi ero illuminato e avevo una domanda per il signore, quando Annalisa entrò nella stanza. Aveva un aspetto migliore rispetto a quella mattina ed indossava un cerchietto giallo sui capelli che erano ancora misteriosamente crespi.

«Papà, non li annoiare con i tuoi discorsi sul latino, per favore. Abbiamo un riassunto da fare!»

«Va bene, tesoro» disse l’uomo, accarezzando la massa di capelli folti di Anna. Prese la grande valigia e fece per avviarsi sulle scale che portavano al piano di sopra, dove si trovavano le stanze da letto di Annalisa e dei suoi genitori. La stanza della nonna invece si trovava al piano terra.

«Aspetti, ha detto qualcosa sulle scoperte in un codice o roba simile? Lei studia codici?» chiesi quasi tutto d’un fiato, realizzando che il nostro messaggio misterioso era un codice.

«Sì, esatto. Studio i libri antichi, che sono chiamati codici manoscritti.» spiegò l’uomo, sorridendo.

«E lei studia anche messaggi misteriosi?» chiese Roberto, che aveva intuito dove volevo andare a parare. Annalisa sgranò gli occhi, poi ci guardò e si stampò sulla fronte uno schiaffo con il palmo della mano destra.

«Come ho fatto a non pensarci? Papà è perfetto, può aiutarci!» esclamò entusiasta.

«Posso aiutarvi a fare cosa?» chiese l’uomo, confuso.

«Noi tre stiamo studiando un libro trovato nella Capsula del Tempo sotterrata nel 1971 nel giardino della scuola e in questo libro c’è un messaggio cifrato. Non riusciamo a capire come risolverlo però!»

«Un messaggio cifrato?» chiese il padre, fermandosi su un gradino.

«Sì, ci sono delle lettere cerchiate di tanto in tanto nelle pagine», spiegò Annalisa.

«E poi anche i numeri di pagina cambiati», aggiunsi.

«E quel libro lo dobbiamo riassumere entro giovedì prossimo, se vi ricordate. Avevi detto che al messaggio in codice spettava il secondo posto», aggiunse Roberto. Tutti e tre eravamo consapevoli di dover fare quel dannato riassunto per la professoressa Barbero, e in effetti non vedevamo l’ora di portarlo a termine. Avevamo anche pensato di guardare in Internet la trama del libro o di cercare un riassunto già pronto, ma la professoressa era brava ad individuare chi barava nei compiti. E così, dovevamo rimboccarci le maniche.

«Ve bene, vedo che posso fare per aiutarvi. Ma prima lasciatemi portare la valigia in camera o la mamma se la prenderà con me se quando torna dal lavoro trova le cose fuori posto.»

Noi tre andammo nella cameretta di Annalisa e prendemmo il libro, i fogli di quadernone e le penne. Riguardammo il messaggio e ci sembrava avere un senso pari allo zero. Roberto sbuffò, Annalisa si grattò la testa ed io semplicemente attesi l’arrivo del papà della mia amica. Quando entrò nella camera vidi che si era cambiato ed adesso indossava una comoda tuta da ginnastica felpata e di colore grigio.

«Ecco papà. Questo è quello che abbiamo ricavato da questo libro», disse Annalisa, porgendo al padre sia il libro sia il foglio con la tabella contenente il messaggio.

«Ma, questo è il libro che ho dato io alla scuola! Lo avete trovato voi?» esclamò. Io e Roberto ci alzammo in piedi per lo stupore e Annalisa guardò suo padre con aria curiosa.

«Quindi, hai scritto tu il messaggio cifrato?»

«No, tesoro. Io ho trovato questo libro per terra vicino al museo nel lontano 1971. Avevo appena compiuto dodici anni e i miei genitori mi avevano portato al museo egizio. È stato allora che sono rimasto affascinato dalle civiltà antiche, interesse che poi è cresciuto negli anni e mi ha portato a diventare quello che sono oggi.»

«E il libro…?» lo interruppe Annalisa, che voleva che il padre non si dilungasse in dettagli noiosi.

«Il libro, come ho già detto, lo trovai per terra. Qualcuno lo aveva buttato vicino a un cassonetto. Comunque sia, chiesi al nonno se lo potevo tenere e così è stato. Ma quelle lettere non le ho cerchiate io. Il libro era già in quelle condizioni, salvo per l’aspetto meno ingiallito, visto che era stato stampato pochi mesi prima.»

«E Lei aveva provato a decifrare il messaggio?» chiesi, speranzoso.

«A dire il vero no. A quell’età detestavo annotare le cose nei libri e persino nelle fotocopie. Quindi lo lessi e appena ne ebbi l’occasione me ne disfai. Ecco com’è finito nella Capsula del Tempo della scuola»

Quarta parte

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