Il segreto della capsula del tempo di Rita Serra – 6 parte
Il segreto della capsula del tempo di Rita Serra – 6 parte

Il segreto della capsula del tempo di Rita Serra – 6 parte

Il segreto della capsula del tempo
di Rita Serra - 6 parte
Racconto in esclusiva per blog.remelli.eu

Quinta parte

A quelle considerazioni calò il silenzio e noi tre ci sentivamo delusi. Non aveva scritto lui il messaggio. Qualcun altro lo aveva fatto e questo fece sprofondare la nostra euforia iniziale. Il mistero probabilmente sarebbe rimasto irrisolto e noi avevamo perso del tempo.

«Le lettere non corrispondono ai numeri in modo esatto però», osservò il padre di Annalisa, guardando la tabella.

«Lo sappiamo, però abbiamo copiato bene, papà. Io leggevo lettera cerchiata e numero di pagina modificato e dettavo a loro due, che lo scrivevano», spiegò Annalisa. Io e Roberto annuimmo.

«Potrebbe essere un codice simile al cifrario di Cesare. Quando ho studiato il mio primo esame di filologia latina, avevamo come testo da analizzare “Le vite dei Cesari” di Svetonio. Questo scrittore antico racconta che Giulio Cesare usava un codice per comunicare messaggi segreti ai suoi soldati, mentre si trovava in guerra», spiegò il padre di Annalisa e tutti e tre lo ascoltammo a bocca aperta. «Svetonio diceva che Cesare usava una chiave di tre, cioè un sistema di cifratura che gli permetteva di sostituire la lettera che gli interessava con una lettera che la precedeva o seguiva di tre posizioni nell’alfabeto. Invece, qui, la lettera Ci è segnata come numero 02. Ma noi sappiamo che è il numero tre nel nostro alfabeto. Forse l’autore del nostro messaggio sposta le lettere di una sola posizione.»

«Abbiamo già provato a sostituire così, ma non ha dato risultati che avessero un senso logico», spiegò Annalisa. Il padre si accarezzò il labbro inferiore con la mano destra, continuando a fissare la nostra tabella. Era pensieroso.

«Avete controllato tutto il libro?» chiese ad un certo punto. Annuimmo e lui lo sfogliò. Quando giunse a pagina settantasette vide, come gli avevamo già detto, che la sequenza si interrompeva. «Vediamo…se io fossi l’autore del messaggio e dovessi lasciare questo libro a un mio complice o comunque al destinatario, lui dovrebbe avere la chiave di lettura. Allora perché scrivere anche i numeri? Mi ricorda qualcosa, ma non saprei… Ad ogni modo, ci deve essere anche la chiave.»

«Ma se io scrivessi il testo cifrato e la chiave nelle stesse pagine, chiunque potrebbe decifrarlo subito!» Esclamai, sconcertato.

«Appunto,» disse l’uomo, sfogliando il libro da cima a fondo ancora una volta. «Dovrei nascondere la chiave di decrittazione in modo che solo il mio destinatario possa decifrare il messaggio.»

Così aveva senso. Roberto aveva l’aria un po’ confusa, mentre Annalisa era concentratissima e poi emise un gridolino eccitato.

«Papà, e se la chiave fosse stata scritta e poi cancellata?» chiese. Il padre annuì determinato e le chiese una matita. Io e Roberto ci scambiammo un’occhiata dubbiosa. Ma quando il signor Giovanni, guardando in controluce le pagine esclamò un “Ah-ha!”, io e Roberto allungammo il collo in direzione dell’ultima pagina del libro, che l’uomo stava annerendo sfregando la matita su di essa. E, miracolo! C’era una scritta!

«Scrivete, perché credo proprio sia la chiave!» disse e io mi affrettai a prendere carta e penna. «Ti detto le lettere che ci sono scritte. Scrivile in maiuscolo, mi raccomando.»

Mi dettò le lettere di quella che probabilmente era la chiave di decrittazione e il testo che ne uscì fuori era il seguente: Z D X J X F C I J F G Q T D G U I A A L Y.

«Oh mamma, sembra peggio di quella che abbiamo nella tabella e non ci sono numeri questa volta», commentò Roberto.

«Che senso ha?» disse Annalisa, guardando suo padre. L’uomo fece spallucce, ma vidi dal suo sguardo che la sua mente stava elaborando qualcosa.

Quinta parte

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